L’avvento del Diritto all’Oblio ha segnato un prima e un dopo nel trattamento dei contenuti diffamatori, obsoleti e irrilevanti.
Dirittoobliogdpr.com analizza un noto caso di diffamazione online in cui si applica tale normativa.
Partiamo da un presupposto ovvio: critiche e giudizi negativi influiscono duramente sull’ambiente personale e lavorativo.
Il nostro team ha preso come esempio il confronto tra il pianista Dejan Lazić e il Washington Post.
È un “duello” classico: una recensione online negativa fatta da un media super potente.
In questo caso vedremo anche la differenza che c’è in materia di tutela della persona tra Europa e Stati Uniti.
Il fatto più curioso della storia è che nessuna delle due parti si aspettava le ripercussioni che la vicenda avrebbe avuto su Google.
Nel testo che segue spieghiamo l’intero processo che ha come protagonisti l’artista e il quotidiano americano.
L’intervallo temporale della controversia Dejan Lazić vs. Il Washington Post
La “battaglia” tra le due parti si svolge sia prima che dopo l’approvazione del Diritto all’Oblio.
La recensione pubblicata dal Washington Post risale al 2010.
Cioè, quattro anni prima della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea che ha aperto la strada al Diritto all’Oblio.
Proprio nel 2014, Dejan Lazić ha chiesto ai media di eliminare questa critica.
I risultati di ricerca su Google
Una volta pubblicata la recensione sul Washington Post, ogni utente che ha cercato su Google il nome “Dejan Lazić” ha potuto vedere l’articolo in prima pagina.

E infatti, a quattro anni dal recital, il motore di ricerca ha continuato a mostrare il risultato della critica.
A causa del tempo trascorso, il pianista ha ritenuto il contenuto obsoleto e persino diffamatorio.
Una performance al pianoforte, una recensione
La famosa critica musicale, Anne Midgette, ha recensito il recital del pianista Dejan Lazić al Kennedy Center nel 2010.

La recensione intitolata Scintille ma non fiamme, conteneva opinioni come le seguenti:
“Le note, di nuovo, erano posizionate in modo squisito, e c’erano aspetti che mi piacevano, ma il lato umano non è stato all’altezza;
Il pianista è stato accolto con un applauso piuttosto caloroso, ma che evidentemente non è durato abbastanza a lungo per fare il bis.”
La risposta di Dejan Lazić
Il pianista ha contattato via mail la testata e la giornalista, per chiedere rimuovere la pubblicazione.
Anni dopo, l’e-mail è venuta alla luce:
“È difficile credere che quasi quattro anni dopo che questo articolo è stato pubblicato sul tuo giornale, il suo contenuto appare ancora tra i primi dieci link del motore di ricerca quando si cerca il mio nome”.
Successivamente, Dejan Lazić ha scritto un post sul suo sito web:
“Credo nella libertà di espressione e nel diritto di tutti ad avere un’opinione […] ma è obsoleta e diffamatoria.”
In esso nomina i punti chiave del diritto all’oblio e il suo valore nell’Unione Europea, dove risiede.
Google e la pressione dell’Unione Europea
Nella pubblicazione del suo sito web, Dejan Lazić mette a confronto Stati Uniti ed Europa nella politica di protezione dei dati.
Il pianista, infatti, sapeva che nel suo caso non era possibile applicare il Diritto all’Oblio perché questo vige soltanto nei paesi membri dell’Unione Europea.
Proprio per tale ragione, Dejan Lazić ha difeso, nel suo post, il Diritto all’Oblio:
“Ora esiste la recente sentenza sul Diritto all’Oblio della Corte di Giustizia UE, che ovviamente non può essere applicata negli Stati Uniti;
Non si tratta di censura, che non difendo, né di limitare la libertà di informazione;
L’Europa è la culla della democrazia e di tanti altri valori che a volte diamo per scontato, come la libertà di espressione”.
Una sintesi dell’autrice
Nel 2014 la stessa Anne Midgette ha pubblicato, nel suo blog, una sintesi dell’accaduto: l’affaire Lazić.

In esso, ha indicato che la sua recensione è stata “fraintesa” e sebbene fosse “delusa, ho fatto del mio meglio per trovare del buono in lui”.
È giusto che i contenuti obsoleti appaiano sulle prime pagine di Google?
Analizzato il caso Dejan Lazić vs. The Washington Post si trae una conclusione chiara: un contenuto scritto nel 2010 è rimasto in prima pagina fino a quattro anni dopo.
Il pianista era stanco di vedere che con un solo clic fosse possibile associare il suo nome ad una brutta recensione.
Ciò che Dejan Lazić chiedeva era la rimozione dei contenuti obsoleti.
Una richiesta contemplata dal General Data Protection Regulation (GDPR).
La normativa intende far prevalere il diritto alla riservatezza sul diritto all’informazione.
Quale contenuto non elimina il diritto all’oblio?
Il Regolamento UE 2016/679 stabilisce deroghe nell’esercizio del Diritto all’Oblio:
- Garantire la libertà di espressione;
- Rispettare gli obblighi di legge;
- Motivi di interesse pubblico;
- Finalità scientifica, statistica o storica;
- Formulare reclami;
- Paesi al di fuori dell’Unione Europea.
Infatti, la sentenza della Corte di Giustizia dell’UE stabilisce quanto segue:
“Esige dunque una ponderazione dei contrapposti diritti e interessi in gioco.”
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